sabato 15 novembre 2008

... e fu così che egli morì in un manicomio...



Ignaz Philip Semmelweis nacque nel 1818 a Buda, ungheria. Medico ungherese è considerato lo scopritore delle febbre puerperale e definito il salvatore delle madri. Ma più di ogni altra cosa Semmelwis rappresenta la chiusura del mondo scientifico di fronte alle nuove scoperte.
La febbre puerperale, ai tempi di Semmelweis, uccideva misteriosamente migliaia di puerpere, soprattutto nei grandi ospedali. Le cause di questa misteriosa malattie venivano ricondotte a circostanze fantasiose (liquidi uterini putrefatti, ristagno delle feci..).
Semmelweis era ossessionato da queste morti così frequenti e continuava a praticare autopsie sui cadaveri delle donne riscontrando quadri anatomo-patologici sempre uguali. Ma la cosa che più lo disorientava era la constatazione che nel Padiglione II dello stesso ospedale, gestito non da medici ma esclusivamente da ostetriche, la mortalità per febbre puerperale era dieci volte più bassa. Il turbamento creato da questo problema aumentava la pignoleria che metteva nelle sue ricerche.
In seguito ad attente osservazioni e a una serie di coincidenze fortuite, giunse alla conclusione che la malattia fosse provocata dagli stessi medici e studenti i quali, secondo una prassi abbastanza comune a quel tempo, venivano spesso a visitare le pazienti dopo aver fatto pratica di dissezione dei cadaveri, in sala anatomia.

Durante l'assenza di Semmelweis, un suo collega ed amico, Jacob Kolletschka, era morto a seguito di una breve malattia. Semmelweis ebbe la possibilità di studiarne la cartella clinica e fu colpito da due elementi:
l'autopsia praticata sul cadavere evidenziava lesioni simili a quelle che si riscontravano sulle donne morte per febbre puerperale
Kolletschka solo qualche giorno prima si era ferito nel corso di una autopsia praticata sul cadavere di una di queste donne.
Ciò fu sufficiente a Semmelweis per giungere ad un'ipotesi, straordinaria per l'epoca: la febbre puerperale è una malattia che viene trasferita da un corpo all'altro a seguito del contatto che i medici e gli studenti presenti in reparto hanno prima con le donne decedute (su cui praticano autopsia) ed immediatamente dopo con le partorienti che vanno a visitare in corsia.
Per verificare la sua ipotesi Semmelweis ordinò che tutte le persone del suo reparto si lavassero bene le mani con una soluzione disinfettante (cloruro di calcio) prima di qualsiasi contatto con le pazienti. Tale direttiva portò a una drastica riduzione dei decessi. Il valore della scoperta, tuttavia, fu contestato aspramente dalla maggioranza dei medici del tempo, che gli rivolsero una tale quantità di accuse da provocare addirittura la sua espulsione dall'ospedale e in seguito anche dalla cattedra universitaria di Budapest, che gli era stata offerta nel 1885. I dati che Semmelweis forniva a sostegno della propria tesi erano molto eloquenti: nell'anno 1846, su 4.010 puerpere ricoverate nel suo reparto, ne erano morte ben 459 (più dell'11%); nel 1847, con l'adozione del lavaggio delle mani con cloruro di calcio verso la metà dell'anno, su 3.490 pazienti ricoverate, ne erano morte 176 (il 5%); l'anno successivo proseguendo la pratica del lavaggio, su 3.556 ricoveri, i decessi erano scesi ad appena 45 (poco più dell'1%). Questi risultati, anche se forse lasciavano ancora un piccolo margine di dubbio (poteva trattarsi di una semplice coincidenza) avrebbero dovuto almeno suscitare qualche interesse in coloro che avevano a cuore il progresso della medicina, così da spingere a nuove sperimentazioni per sottoporre a verifica l'ipotesi. Invece, essi vennero praticamente ignorati.
Dopo la pubblicazione della sua opera fondamentale Eziologia, concetto e profilassi della febbre puerperale, l'opposizione nei confronti di Semmelweis divenne ancor più agguerrita, tanto che egli, stanco e deluso, cadde in un lungo periodo di depressione. Egli non ebbe più la forza di reagire, cominciò a dare segni di squilibrio mentale al punto che i famigliari, aiutati dal vecchio amico von Hebra, con un inganno, riuscirono a farlo internare in un manicomio viennese. Il 13 agosto del 1865, dopo soli 14 giorni, Semmelweis morì per emorragia interna probabilmente provocata dalle percosse dei suoi guardiani. Si diffuse però la voce che si fosse suicidato procurandosi una volontaria infezione durante l'autopsia di una donna deceduta per febbre puerperale. Questa diceria venne alimentata da ulteriori pettegolezzi che attribuivano alcune sue stranezze e soprattutto questo suicidio così eclatante demenza senile conseguente ad una infezione sifilitica contratta in età giovanile. Solo nel 1965 un'indagine paleopatologica dimostrerà che Semmelweis non era mai stato sifilitico.

Questo benefattore dell'umanità fu fatto segno in vita di ostracismi, derisioni, diffidenze, persecuzioni, che lo portarono dapprima all'emarginazione dal mondo della medicina viennese, infine alla follia e alla morte precoce.

La sua storia è narrata, in questo bel libro appassionato, che costituisce la tesi di laurea in medicina di quello scrittore irregolare e ricco di talento che fu Celine. Un bel libro, una narrazione circostanziata, avvincente e amara, una dimostrazione di come spesso il gregge prenda a cornate l'uomo di genio.

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